Ogni partenza ha il proprio rituale. Ogni scaramanzia una stolida cerimonia. Cosa temi veramente, Ismaele? La ritorsione divina per ciò che hai solo osato pensare: liberarti di tutto, sfidare l’abisso, gli dei.
Il viaggio parta dunque benedetto da un padre baleniere di nome Mapple. Anche lui risponde al tuo poema sacro: è un prete che arriva dalle profondità del mare, che del mare porta gli impeti e la grazia. Dalle sue profondità ha udito l’ultima preghiera di Giona prima che fosse vomitato in salvo dalla balena.
Il pulpito della chiesa è la prua che fende il dubbio dei credenti davanti alla sparizione dei loro cari. Restano le lapidi ai muri, vuote di ogni consolazione, di ogni morta materia.
Tu e Quiqueg di nuovo assieme qui, tra vedove e marinai, affidati per l’occasione allo stesso Dio.
Tutti attendono il sermone che risvegliando Giona faccia tremare i cuori e rinsaldi le anime. Anche tu Ismaele, contrito, ti ricrederai.
Quanti sermoni schiuderà il tuo libro?
“Dio aveva creato un grande pesce per inghiottire Giona”, grida il prete alla platea e ai fantasmi del mare. Prometti obbedienza ai comandamenti e alle verità della Bibbia. Contrasti il terrore bianco della fine con indigesta devozione. Ora attento. Dio, dall’alto ti guarda e ti sente, attento, non dubitare adesso! Distrai il pensiero, volgilo all’angelo abbagliante sopra quel pulpito. Crediti fedele. Crediti.
“Di sfondarmi l’anima, né una balena e nemmeno Giove saranno capaci” dici a te stesso, sognando l’immortalità, umiliando il corpo, che possa andarsene in pasto agli squali e alle orche.
Giona dentro la balena ha ritrovato Dio, così salvandosi. Nelle viscere di Moby Dick, tu figlio di Abramo, non troverai che parole, e mistero.