18 novembre 2015

Tra le fauci del grande caldo

- nota del disegnatore: il seguente post risale a circa tre mesi fa. Il caldo narrato è quindi quello dello scorso settembre, quando un'ultima ondata d'afa avvolse tutti noi, prolungando un'estate già memorabilmente torrida.





La vecchiaia era una balena bianca che avevo davanti ogni giorno, oltre la finestra di casa.

Erano i soli cementizi di luglio a illuminare i due vecchi cacciatori di balene, miei dirimpettai inarresi al tempo. Uno suonava il violino, l’altro scriveva. Tutto il giorno. Lo fanno anche oggi, ma oggi è settembre.

Entrambi per ore e ore, uno seduto di schiena dietro la finestra di sinistra, l’altro di profilo dietro quella di destra, vicini a loro volta.

Anche ora stride il violino. Lunghe note aggrovigliate lungo i muri sono i miei ricordi faticosi, le inutili esercitazioni alla scuola di musica del circondario.

Il violinista non suona affatto bene. Lo prego mentalmente di smettere, lo scongiuro con tutto me stesso, ma non smetterà. La schiena ostinata produce acuti lamenti, accordature infinite tra lui e tutto il casato; muove appena le spalle e oltre quelle l’archetto obliquo con stizzita determinazione.

Il grande caldo dilatava i pomeriggi. Il mio vecchio era una cicala fatta uomo, un fanatico del pentagramma, un accalorato prodigo principiante. No, non smetterà che in autunno inoltrato, quando a finestre serrate non potrà più spandere le sue note e allora forse dormirà.

L’altro vecchio fa meno rumore, ma tocca vedere la sua finestra accesa nella notte, lui piegato sulla tastiera, la bocca semiaperta. Sembra più avanti con gli anni, dall’inclinazione del collo, della schiena; è più discreto, ma altrettanto tenace. Resta seduto lì per indefinite ore, talvolta immobile, altre volte muovendo le dita su pochi tasti. Resiste. Scruta se stesso, le sue parole. Attende un’ispirazione, la domanda fatale.

Il capitano Acab aveva meno dubbi e più elettrica frenesia; si vedeva vecchio e giunto al termine delle sue notti. Non credeva in nulla più, invocava la fine, la gloria.

Associo la vecchiaia all’insonnia, all’amore per le abitudini: ad esse sono vicino. Tengo d’occhio i giorni da quando siamo giunti a New Bedford ma conto gli anni ormai.

E sulla testa passa proprio ora una bianca mongolfiera.